Cambiamento climatico, scarsità e deterioramento delle risorse ambientali sono tra le principali sfide globali della seconda modernità. Secondo diverse stime demografiche, il 60% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane entro il 2030: questo trend sottolinea il crescente problema di ecocompatibilità legato al rapido tasso di crescita delle popolazioni urbane e contemporaneamente mostra il ruolo chiave che le città assumeranno nella transizione verso una società sostenibile. Ma alla luce delle disparità nelle condizioni di sviluppo mondiali e le differenti culture ed istituzioni nazionali, i problemi ecologici faticano, ad oggi, a trovare una risposta globale. Spesso sono altre questioni ad avere la precedenza, prima fra tutte la crisi economica mondiale, così che i drammatici scenari presentati nell'ultimo rapporto dell'IPCC sui cambiamenti climatici e i disastri ambientali difficilmente rappresentano le priorità delle agende politiche transnazionali. I percorsi di sviluppo sostenibile da più parti intrapresi si costruiscono su interazioni e negoziazioni che coinvolgono una grande varietà di attori sociali, spesso accomunati dalla ricerca di un’alternativa socio-economica in grado di liberare i bisogni umani collettivi dalla logica di crescita illimitata propria dell’economia globale di mercato. I sociologi dell’ambiente sono oggi chiamati a leggere, anche in chiave critica, le varie forme di azione collettiva che si confrontano con i rischi ambientali e con la gestione - spesso conflittuale - delle risorse, secondo dinamiche che variano nei diversi contesti culturali e geografici. Ma sono altresì chiamati a (ri)pensare, teoricamente ed empiricamente, i contributi complessi e dinamici della risorsa ambiente al mondo sociale.